Falsi matrimoni per i permessi di soggiorno, truffa scoperta a Ravenna

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Sono almeno tre i matrimoni combinati scoperti dalla polizia a Ravenna, anche se l’impressione è che possano essere almeno il doppio nel periodo che va dal 2016 al 2018. Come ricostruito dalle forze dell’ordine, l’obiettivo di queste nozze finte era consentire l’ottenimento del permesso di soggiorno, ovviamente dietro l’elargizione di una cospicua somma di denaro (fino a 17.000 euro, ndr).

L’indagine ha portato alla cattura di quattro persone, due uomini e due donne (tre di loro di nazionalità romena, mentre l’altra persona è kosovara), che hanno patteggiato pene comprese tra otto mesi e due anni di reclusione per violazione delle norme sull’immigrazione e per falso. Al momento, come spiega anche l’ANSA, persiste un fascicolo pendente anche su un quinto individuo, di nazionalità kosovara, che gli investigatori considerano la “mente” del sistema.

Tutto è cominciato grazie alla segnalazione giunta dall’estero su un matrimonio tra un kosovaro e una romena, che veniva definito a dir poco sospetto. La Squadra Mobile della Polizia ha avviato le indagini, coordinate dal Pm Silvia Ziniti.

Proprio i successivi riscontri e gli approfondimenti investigativi, a cui hanno collaborato il Comune di Ravenna e l’Ufficio Immigrazione, hanno permesso di scoprire che i mariti di queste nozze finte – tutti di nazionalità kosovara – riuscivano con questo stratagemma a ricevere la documentazione necessaria per restare legalmente sul territorio italiano.

Le mogli erano invece di nazionalità romena, anche se in un caso è stata individuata anche una donna italiana. Per strappare il “sì” alle donne veniva loro garantita una somma in denaro, raggirando così gli assessori del Comune di Ravenna che avevano creduto alla buona fede di quei matrimoni.

Sempre stando a quanto riportato dall’ANSA, il numero uno di questa organizzazione criminale è anche accusato di estorsione: nel 2019, infatti, aveva cominciato a minacciare una giovane romena che aveva deciso di separarsi dal kosovaro che aveva sposato per vivere la sua storia d’amore con un italiano. Il leader della banda criminale pretendeva che la separazione non venisse formalizzata prima dell’arrivo dei documenti per il kosovaro.

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