Ha tamponato un auto, niente cittadinanza italiana: l’incredibile storia

cittadinanza italiana

Vive in Italia da 23 anni ma non può ottenere la cittadinanza italiana per via di un banale tamponamento in auto avvenuto addirittura nel 2005.

E’ l’incredibile storia che vede protagonista Jurida Kukaleshi, 41 anni, albanese, che spera da tempo di riuscire a diventare a tutti gli effetti una cittadina italiana. Tuttavia, come raccontato dal Corriere della Sera, la cittadinanza italiana per Jurida resta un miraggio per via di un incidente di 16 anni fa.

Per quel tamponamento del 19 marzo 2005, avvenuto alla periferia tra Roma e Monterotondo, la donna di origine albanese ha dovuto sborsare anche 600 euro di risarcimento per lesioni colpose, nonostante subito dopo l’incidente si accordò con l’altra persona coinvolta nel sinistro (un signore anziano, ndr) per una constatazione amichevole.

“Ma lui poi ci ripensò – racconta Jurida al Corriere della Sera – Forse anche per i sette giorni di prognosi messi a referto, preferì adire le vie legali”.

Nonostante l’azzeramento della multa grazie all’amnistia del 2006, qualche anno fa Jurida si è ritrovata a dover fare di nuovo i conti con quell’episodio, che ormai aveva praticamente dimenticato. Nel 2017 la cittadina albanese ha fatto domanda di cittadinanza italiana, ma la stessa le è stata sempre negata per via di quella condanna.

Stando a quanto spiegatole dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, Jurida non avrebbe “raggiunto un grado sufficiente di integrazione nella comunità nazionale, desumibile in primis dal rispetto delle regole di civile convivenza, che si evince anzitutto dalla rigorosa e sicura osservanza della legge penale vigente nell’ordinamento giuridico italiano”.

Jurida ha due figli, uno di 11 e l’altro di 8 anni. Assieme a suo marito portano avanti un’attività turistica, per la precisione 4 bus a due piani che fanno il giro tra i principali monumenti di Roma.

“Vivo da 23 anni in questo Paese, lo sento mio; qui ho cominciato a lavorare in un salone di bellezza appena arrivata dall’Albania – racconta la 41enne – Qui verso i contributi e qui, dopo tanti sacrifici, ho avviato con mio marito la nostra attività”.

L’avvocato di Jurida ha detto di non aver mai vissuto una situazione del genere. “Ho inviato una memoria di replica al Ministero che ha fissato dieci giorni di tempo per le nostre obiezioni – spiega il legale al Corriere – Negare la cittadinanza per una condanna, dal Giudice di Pace, al pagamento di una multa di 600 euro ha una sapore diverso dalla normalità dei casi. Senza contare che l’amnistia ha cancellato tutto”.

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