Documenti falsi per la cittadinanza, indagati bengalesi

cittadinanza passaporto italiano

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Vicenza, due bengalesi gestivano una centrale di falsi documenti per la cittadinanza

Dopo un controllo incrociato in alcuni Comuni del vicentino stroncata un’organizzazione che falsificava documenti per far ottenere la cittadinanza italiana

Il business dei documenti falsi per ottenere la cittadinanza italiana è sempre fiorente come dimostra anche il recente arresto in provincia di Vicenza di due immigrati regolari provenienti dal Bangladesh che avevano messo in piedi una centrale per produrre certificati fasulli grazie a timbri, firme dei funzionari e autenticazioni dell’ambasciata italiana di Dacca, la capitale del loro Paese, tutti contraffatti.

Complessivamente l’attività di indagine ha portato alla denuncia di 36 cittadini stranieri, compresi i due personaggi che avevano messo in piedi l’organizzazione e attualmente risiedevano a Montecchio nel vicentino, tutti originari del Bangladesh.

Le indagini dei carabinieri di Arzignano è cominciata nella primavera 2017 dopo la denuncia di un impiegato comunale che aveva notato delle irregolarità nell’autenticità della documentazione che era stata allegata ad un atto di matrimonio presentato da un cittadino bengalese.

Allora grazie ad un controllo incrociato con l’ambasciata italiana presente in Bangladesh era stato possibile nel giro di poco tempo verificare come le dichiarazioni ma anche l’autenticazione, oltre che firme e timbri fossero falsi.

A quel punto è scattato un controllo capillare con l’ufficio demografico di Arzignano per capire se fossero stati presentati altri certificati simili ed è stato scoperto che negli ultimi due anni ne erano pervenuti molti.

Così l’indagine è stata estesa anche ad altri Comuni, scovando le stesse irregolarità anche in altre anagrafi del vicentino come quelle di Montecchio e Montorso e quindi è partito l’accertamento delle responsabilità a pari passo con le denunce per i trentaquattro stranieri che avevano presentato le domande per richiedere il ricongiungimento familiare di parenti veri o presunti.

Ma soprattutto i carabinieri sono riusciti ad individuare i due bengalesi che avevano organizzato il raggiro e ai quali si rivolgevano i loro connazionali, sicuri di poter così eludere i controlli.

Le perquisizioni hanno permesso di sequestrare altri venti documenti falsi che attendevano soltanto di essere completati e una somma in contanti pari a 13mila euro, anche se è difficile quantificare l’incasso complessivo della truffa.

Dalle prime testimonianze però pare che ogni pratica costasse almeno 300 euro e che in due anni siano state decine le persone che si sono rivolte a questa organizzazione. Il sospetto è che questi documenti possano essere stati presentati in altri Comuni di tutta Italia e quindi sono stati disposti ulteriori accertamenti.

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