La nave Vlora, proveniente da Durazzo con a bordo circa 20mila albanesi in fuga dal loro Paese, sono passati trent’anni

“Sono persone, persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza”

Era l’8 agosto del 1991 quando al porto di Bari si affacciò la nave mercantile Vlora, proveniente da Durazzo e con a bordo circa 20mila albanesi in fuga dal loro Paese di origine. La fotografia del molo di levante del capoluogo pugliese, con una “mattonella umana” formata da uomini, donne e bambini in attesa di conoscere il loro destino, a trent’anni di distanza resta una delle immagini più iconiche dei fenomeni migratori tra le due sponde del mare Adriatico.

Le celebrazioni per il trentennale – Il legame che unisce questi due popoli è più vivo che mai nonostante gli anni trascorsi, tanto da indurre la Regione Puglia e l’Albania a indire una serie di eventi per ricordare lo sbarco. Il 23 luglio è stata celebrata una commemorazione straordinaria nella Basilica di San Nicola, mentre dal 5 all’8 agosto la città di Durazzo ospiterà una mostra allestita dalla fotografa Eva Meksi. Albanese di nascita, Eva aveva solo 24 anni quando si imbarcò sulla “Dolce nave” alla volta dell’Italia, dove vive da allora lavorando come interprete e mediatrice culturale.

Le parole del sindaco e le opere gemelle – Quando i 20mila albanesi si avvicinarono alle coste italiane, ad attenderli al molo c’era l’allora sindaco di Bari Enrico Dalfino, che davanti a quel “concentrato” di umanità esclamò: “Sono persone, persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza”. Parole rimaste impresse nel cuore dei baresi a tal punto che nel 2019 l’artista Jasmine Pignatelli le trasformò nell’omonima opera “Sono persone”.

Quattordici linee e altrettanti punti, riprodotti sulla facciata di un edificio nel quartiere San Girolamo, che fissano al muro, tradotto in codice morse, l’appello del primo cittadino. Per ricordare il trentennale dello sbarco, l’artista ha realizzato un’installazione gemella a Durazzo, in Albania. “Si tratta del completamento del mio lavoro: una voce unica che attraversa il mare e che all’epoca sembrava una barriera insormontabile”.

La nave sequestrata – La Vlora era una nave mercantile battente bandiera albanese che doveva il suo nome alla città di Valona, nel sud-ovest del Paese. Il 7 agosto 1991, di ritorno da Cuba con un carico di zucchero di canna, venne assalita durante le operazioni di sbarco.

Le 20mila persone che salirono a bordo, costrinsero il comandante Halim Milaqi a salpare verso l’Italia. Come prima destinazione venne indicata la città di Brindisi, ma una volta arrivati il viceprefetto Bruno Pezzuto convinse il capitano a fare rotta su Bari. Il tempo di percorrenza tra le due città, venne impiegato per allertare le forze dell’ordine e organizzare centri di accoglienza.

L’esodo allo stadio della Vittoria e il rimpatrio – Giunti nel capoluogo pugliese, vista l’impossibilità di gestire le operazioni di accoglienza al porto, i migranti furono sistemati temporaneamente nello Stadio della Vittoria. Dopo circa 48 ore, la maggior parte di loro venne rimpatriata con l’inganno: furono organizzati aerei e traghetti che, secondo le informazioni diffuse agli albanesi, li avrebbero smistati in diverse città italiane.

Secondo alcune stime approssimative dell’epoca, furono circa duemila le persone che riuscirono a scappare ed evitare l’espulsione, trovando rifugio negli spazi verdi cittadini o nelle case dei residenti.

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