Vendevano la paternità per 800 euro: scoperto un giro di false cittadinanze

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E’ stata la denuncia di una giovane donna albanese a far emergere un quadro inquietante e un giro di affari e prostituzione che si svolgeva da tempo a Piacenza.

L’indagine portata avanti dalle forze dell’ordine ha permesso di scoprire la truffa perpetrata da due individui di nazionalità italiana – un 63enne di Cremona ed un 48enne di Milano – che vendevano la propria paternità per consentire ai figli di alcune prostitute albanesi – avuti con altre persone – di ottenere la cittadinanza italiana. Il tutto con un pagamento di 800 euro.

Con questo stratagemma, i due individui permettevano alle madri dei piccoli di risiedere “legalmente” nel territorio italiano. Un piano quasi perfetto, fino alla denuncia della giovane donna albanese, che ha deciso di raccontare tutto alla polizia.

La donna ha raccontato agli agenti di essere arrivata da tempo a Piacenza per stare insieme al proprio compagno e al padre della sua bambina, anche lui albanese. Quando è arrivata in Italia, la giovane era ancora incinta: era giunta a Piacenza anche per cercarsi un lavoro.

Ma le cose per lei sono andate diversamente, dato che il suo compagno l’ha praticamente costretta ad entrare in un giro di prostituzione che gestiva lui stesso. La donna, nelle ore in cui non si trovava obbligata a sostare sul marciapiede, veniva “segregata” nell’abitazione di un’altra prostituta albanese e monitorata costantemente.

“Ogni sera doveva portare a casa almeno duecento euro – ha raccontato la giovane al quotidiano locale “Il Piacenza” – più una percentuale sul totale delle prestazioni, perché altrimenti non le permettevano di vedere la sua bambina”. 

La donna, dopo aver partorito, ha trovato le forze per denunciare tutta la vicenda. Stando a quanto rilevato dagli inquirenti, che hanno provveduto ad allontanare la donna dal suo aguzzino e a collocarla in un posto sicuro, uno dei due italiani aveva dichiarato il falso presentatosi all’ufficio anagrafe come padre della piccola.

Faceva tutto parte di un accordo a cui la donna era stata obbligata dal suo compagno, che era d’accordo con i due italiani. Il test del DNA eseguito dagli inquirenti ha accertato che la piccola non era figlia di nessuno dei due italiani. Nel frattempo, le forze dell’ordine hanno scoperto anche un altro caso.

Anche la giovane donna e il suo compagno sono stati denunciati.

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