Salerno, maxi truffa con i permessi di soggiorno: migranti sfruttati, 35 indagati

migranti salerno

Sfruttavano i migranti nei campi agricoli, sottoponendoli a condizioni di vera e propria schiavitù. In molti casi è stata riscontrata anche una documentazione falsa per l’ottenimento del permesso di soggiorno, dietro il pagamento di somme di denaro molto ingenti.

L’inchiesta portata avanti dai carabinieri del salernitano e delle province limitrofe, che ha visto impegnati circa 200 militari, ha fatto scattare un maxi blitz ieri mattina in molti comuni della provincia di Salerno e anche in altre città italiane.

La Procura e il GIP del Tribunale di Salerno hanno infatti emesso un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di 35 indagati (di cui otto ancora ricercati, ndr) : per 27 di questi sono stati imposti gli arresti domiciliari, mentre per altri 8 è previsto l’obbligo di dimora e di presentazione alla Polizia Giudiziaria.

I reati contestati agli indagati sono “associazione per delinquere” finalizzata al “favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina”, “intermediazione illecita e sfruttamento di lavoratori con o senza permesso di soggiorno”, “riduzione in schiavitù” e “tratta di persone”.

L’indagine ha permesso di accertare lo sfruttamento di migranti nei lavori agricoli ma anche tutta una serie di reati perpetrati dai membri dell’associazione criminale, sia italiani che stranieri.

L’organizzazione si ramificava anche all’estero (Francia, Belgio, Marocco), pur mantenendo la base operativa a Salerno: al vertice si trovavano imprenditori agricoli e professionisti, compreso un consulente del lavoro.

La truffa partiva proprio in Marocco, dove i migranti che cercavano di ottenere il permesso di soggiorno in Italia venivano intercettati dall’organizzazione criminale, che realizzava una documentazione del tutto fasulla dopo aver ricevuto dai migranti cifre molto alte (anche fino a 12000 euro).

Una volta giunti nel nostro Paese, i migranti ricevevano un permesso per “attesa occupazione” della validità di 12 mesi, dato che ovviamente non c’era traccia di alcun contratto di lavoro.

A questo punto, le persone coinvolte venivano destinate ai campi agricoli, specialmente coloro che non potevano pagare l’intera somma e dovevano quindi “saldare” lavorando come braccianti.

Gli imprenditori agricoli accettavano di buon grado la manodopera pesantemente sottopagata. L’inchiesta è partita nell’agosto 2015.

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