Regolarizzazione, 13.000 domande (più altre 6.000 in arrivo). Numeri in crescita, ma ancora molti nodi

caporalato albanesi

Dopo qualche giorno di difficoltà, con il numero complessivo delle domande che appariva un pò troppo basso, sembra che la regolarizzazione dei lavoratori stranieri stia finalmente prendendo piede.

Dal 1 giugno, ovvero dal giorno in cui la misura introdotta dal governo Conte nel DL Rilancio recentemente approvato dal Parlamento, le domande sono in tutto 13.000. Il dato fa riferimento alle domande presentate fino ad oggi, mercoledì 10 giugno.

Chiaramente si tratta ancora di una cifra bassa rispetto a quanto immaginato dall’esecutivo, anche se a queste 13.000 bisogna aggiungerne altre 6.000 in via di presentazione e 180 domande presentate in questura da cittadini extracomunitari per il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo.

Inoltre, stando a quanto riferito dal Viminale, il numero di domande sarebbe in crescita costante. D’altronde, la “deadline” stabilita nella misura è il prossimo 15 luglio, pertanto è facile immaginare che il grosso delle domande venga inoltrato nelle ultime due o tre settimane.

Si arriverà quindi alla stima di 176.000 domande per l’emersione del lavoro nero e altre 44.000 domande di cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto? Ad oggi è difficile dirlo, dato che persistono comunque alcuni ostacoli.

Il primo è quello legato al costo di 500 euro per ogni lavoratore da regolarizzare. Costo che è a carico del datore di lavoro, e che molto spesso viene pagato da braccianti, colf e badanti per ottenere la regolarizzazione.

Inoltre, come spiega Nazzarena Zorzella avvocato dell’Asgi (Associazione studi giuridici per l’immigrazione), ci sono tanti migranti “che lavorano nella logistica, nell’edilizia o nella ristorazione e che restano fuori” dalla regolarizzazione.

Infine, va tenuto conto di tanti migranti che lavorano da anni nel settore agricolo o in quello domestico, ma che non possono dimostrarlo perchè non hanno mai avuto un contratto di lavoro. Anche loro non possono richiedere la regolarizzazione, che prevede tra i requisiti il riuscire a dimostrare di aver lavorato nel settore dell’assistenza familiare o in quello agricolo prima del 31 ottobre 2019.

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