Cassazione, integrazione non significa abbandonare le proprie tradizioni

Kirpan integrazione cassazione

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Storica sentenza della Cassazione sul caso di un sikh indiano: anche se i valori d’origine sono comprensibili, l’immigrato deve adattarsi a quelli del Paese in cui vive

Integrazione non significa abbandonare le proprie tradizioni, ma certamente rispettare le leggi del Paese nel quale si è deciso di vivere. In Italia è un dibattito aperto da alcuni anni, adesso arriva anche una sentenza della Cassazione a stabilirlo affermando con forza che gli immigrati di altre culture e religioni se accettano di vivere in una nazione occidentale si devono anche conformare ai valori fondanti di quella realtà.

I giudici della Cassazione riconoscono che questi valori in molti casi possono essere diversi da quelli del Paese di provenienza dell’immigrato.  Ma come si legge nella sentenza “non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante”.

Il caso era stato sollevato da un cittadino indiano sikh, condannato nel 2015 dal Tribunale di Mantova a pagare duemila euro di ammenda perché due anni prima era stato fermato a Goito, nel mantovano (dove vivono molti suoi connazionali) mentre circolava per le strade del paese con un coltello lungo quasi venti centimetri (il kirpan), vietato dalla legge.

L’uomo si era difeso affermando che quel coltello esattamente come il turbante indossato di solito rappresentava un simbolo della sua religione e quindi portarlo rappresentava un adempimento del suo dovere religioso.

Ecco perché aveva chiesto ai suoi avvocati di presentare ricorso alla Cassazione e la sua richiesta era stata appoggiata anche dalla Procura della Suprema Corte che ritenendo in pratica tale comportamento giustificato dalla diversità culturale aveva chiesto l’annullamento della sentenza di condanna senza rinvio.

Non così però il parere finale della Prima sezione penale della Cassazione. “In una società multietnica, la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l’identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere.

Se l’integrazione non impone l’abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell’art. 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante”.

Quindi secondi gli ‘ermelliniogni immigrato deve uniformare i suoi valori a quelli del mondo occidentale, se ha scelto di vivere in pianta stabile lì, verificando in anticipo se i suoi comportamenti si adattano a quelli del Paese di approdo.

Come si legge in altro passaggio della sentenza quindi, anche se i valori dell’immigrato sono leciti e comprensibili, non possono comunque violare quelli della società che lo ospita.

Se l’integrazione non impone l’abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell’art. 2 Cost. che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante. È quindi essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano.

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