Un anno e mezzo per il permesso di soggiorno: proteste in Campania

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sit in protesta caserta

L’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, causata dai decreti sicurezza, ha comportato una situazione di estremo disagio per moltissimi cittadini stranieri, nonostante il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale.

La problematica principale è sempre la stessa, ovvero i tempi biblici necessari dalla presentazione della domanda fino al rilascio del permesso di soggiorno. Le Commissioni che esaminano le richieste presentate dai cittadini stranieri vanno spesso molto piano: succede anche in Campania, dove l’accertamento dei requisiti di un immigrato può richiedere addirittura un anno e mezzo.

Una situazione insostenibile, che ha costretto le associazioni a scendere in piazza e a lanciare mobilitazioni. La Rete Castel Volturno solidale, che comprende la Caritas di Capua e Caserta, il Centro Fernandes, la Diocesi di Capua  Missionari Comboniani, il Centro sociale ex canapificio di Caserta, il Movimento dei Migranti e dei Rifugiati, Emergency e l’associazione “Città viva”, ha infatti organizzato un presidio davanti alla Prefettura di Caserta, che ha visto la partecipazione di centinaia di migranti.

La richiesta dei manifestanti è stata molto chiara: il governo, assieme alla Regione Campania, alla Prefettura e alla Questura, deve avviare un tavolo istituzionale che consenta di attivare il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale e al tempo stesso favorisca anche l’inclusione socio-professionale di migranti e rifugiati, oltre ad un aumento degli appuntamenti per il rilascio (o per il rinnovo) del permesso di soggiorno.

Come rivela al quotidiano La Repubblica Mimma D’Amico, appartenente al centro sociale ex canapificio, molto spesso vengono anche rigettate le domande di persone con figli, non rispettando uno dei requisiti principali dell’accesso alla protezione speciale.

“Così si calpesta il diritto all’unità familiare. E così solo il 58 per cento delle domande viene accolto. Ma poi sono i tribunali, a cui si rivolgono gli immigrati, ad accettare le domande. Ci sono percentuali di accoglimento che si aggirano intorno al 97 per cento”, spiega Mimma D’Amico.

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