Vendevano permessi di soggiorno, arrestati dipendenti del Ministero. 196 persone indagate

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permesso di soggiorno

Ci sono anche due dipendenti del Ministero tra le persone arrestate a Cagliari in seguito a due inchieste parallele – una della Squadra Mobile e l’altra della Digos, ndr – portate avanti dalla Questura del capoluogo sardo.

Le forze dell’ordine hanno fatto scattare le manette a otto persone, ma nel registro degli indagati la Procura di Cagliari ha iscritto 196 persone, di cui 28 sono di nazionalità italiana. Tutti questi individui, tra cui anche un avvocato, dovranno rispondere di favoreggiamento e falso materiale e ideologico.

In sostanza, l’organizzazione criminale faceva grossi guadagni vendendo permessi di soggiorno ai cittadini di nazionalità bengalese. Erano talmente strutturati da aver predisposto anche un listino prezzi: la pratica, infatti, poteva avere un costo che variava da 500 fino a 6000 euro.

L’organizzazione praticata questi illeciti da circa due anni, servendosi dell’aiuto di due dipendenti del Ministero dell’Interno. L’obiettivo della banda era quello di semplificare le procedure per l’ottenimento dei documenti necessari alla permanenza nel nostro Paese, chiedendo in cambio grosse somme di denaro.

Le figure dirimenti in tutta questa ragnatela erano proprio i due dipendenti del Viminale finiti agli arresti, ovvero i segretari della Commissione territoriale per il riconoscimento della Protezione internazionale, chiamata a valutare ed eventualmente approvare o respingere tutte le richieste di permesso di soggiorno.

Le indagini condotte dalla polizia cagliaritana hanno fatto emergere che i due dipendenti inserivano le pratiche dei cittadini bengalesi in una sorta di corsia preferenziale nel calendario delle sedute della commissione. Gli altri membri della commissione non avevano mai sospettato nulla, convinti che i documenti presentati dai richiedenti – contratto di lavoro e domicilio – fossero senz’altro regolari (erano ovviamente fittizi, ndr). Non è un caso se tra le accuse c’è anche quella di aver rilasciato false dichiarazioni di domicilio o di lavoro per i bengalesi.

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha espresso tutta la sua soddisfazione per l’esito dell’indagine: “Grazie alla polizia: la pacchia è finita! E per questo ogni giorno mi attaccano e mi minacciano di morte”.

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