Il decreto Salvini “bocciato” dal CSM: “Non rispetta la Costituzione”

Il decreto sicurezza, fortemente voluto da Matteo Salvini, è sempre più al centro delle polemiche.

Oltre alle feroci critiche giunte dall’opposizione, in particolare dal Partito Democratico, e anche da un’ala interna del Movimento 5 Stelle, alleato di governo della Lega, il dl presentato dal ministro dell’Interno riceve un’altra sonora bocciatura.

Stavolta a bastonare il decreto Salvini è il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), che oltre a sottolineare le numerose “criticità” del provvedimento evidenzia anche come lo stesso non rispetti “obblighi” e “garanzie” previsti dalla Costituzione.

Il parere del CSM è stato approvato all’unanimità e verrà votato mercoledì prossimo dal plenum. Un giudizio netto, fortemente negativo, quello espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti del decreto Salvini, in particolare sulla questione che riguarda i trattenimenti.

“Il legislatore – si legge nel parere – non individua i parametri in base ai quali il questore può decidere di trattenere o meno lo straniero, in tal modo accordandogli una discrezionalità svincolata da qualsiasi tipizzazione dei presupposti di esercizio come tale non conforme al grado di garanzie richieste dall’articolo 13 della Costituzione”.

Inoltre, il parere fornito dal CSM sottolinea anche che “l’ampliamento della categoria dei reati-presupposto del diniego o revoca della protezione internazionale appare per talune fattispecie non pienamente rispettoso degli obblighi costituzionali derivanti dagli articoli 10 e 117 della Costituzione”.

In sostanza, il Consiglio Superiore della Magistratura pone l’accento sulla ricaduta che avranno le nuove norme introdotte dal provvedimento sul sistema giudiziario.

Anche il CSM mette in risalto la revoca della protezione per motivi umanitari, che rischia di creare una “condizione di incertezza” in merito allo status dello straniero.

Infine, il CSM mostra diverse perplessità anche sulla lista dei cosiddetti “Paesi sicuri“, palesando forti dubbi sul fatto che possa ritenersi “vincolante“.

“Appare evidente, infatti – si legge nel documento – che venendo in gioco diritti costituzionali, rimane fermo il potere dell’autorità giurisdizionale ordinaria di riconsiderare l’inserimento di un Paese nella lista dei Paesi sicuri mediante congrua motivazione”.

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