Green Pass, chi controlla la domestica se lavora in nero?

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Sono più di un 1 milione le domestiche in nero. I “nodi” del nuovo decreto nel caso di badante o colf in nero

Dal prossimo 15 ottobre il Green Pass diventa obbligatorio per tutti i dipendenti del settore pubblico e privato, oltre che per gli autonomi e le partite IVA. Una mossa, quella del governo Draghi, che ha come obiettivo quello di incrementare le vaccinazioni e tenere il più possibile a freno la curva epidemiologica.

Nel testo definitivo del decreto legge dovrebbero essere inclusi anche i lavoratori del settore domestico, ovvero colf, badanti e babysitter.

Pertanto, dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021 (data in cui terminerà lo stato di emergenza, salvo ulteriori proroghe in base all’evoluzione della pandemia), tutti coloro che svolgono attività nel settore privato sono obbligati a possedere ed esibire la certificazione verde Covid-19 per accedere ai luoghi di lavoro.

Sono i datori di lavoro a dover verificare che le prescrizioni vengano effettivamente rispettate.

Ciò significa che i datori di lavoro di colf e badanti sono tenuti a richiedere il Green Pass alle operatrici del settore domestico se non vogliono andare incontro alle pesanti sanzioni stabilite con il decreto legge. In caso di non ottemperanza, infatti, si va incontro ad una multa che può andare da 600 a 1.500 euro.

Dato che una consistente percentuale di colf e badanti non ha ancora ricevuto il vaccino (secondo la recente indagine del quotidiano “La Stampa” la quota si aggira tra un terzo e la metà, ndr), molte famiglie provvederanno a richiedere il Green Pass alle lavoratrici del settore domestico.

Tuttavia i problemi non mancano. Nel settore domestico, infatti, circa la metà di colf e badanti non è regolare (1,1 milioni su 2), ovvero non ha un contratto regolarmente registrato.

Dato che senza assunzione non è possibile individuare il datore di lavoro, il nuovo decreto diventa di fatto inapplicabile per moltissime lavoratrici di questo settore.

In più, come sottolinea il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini, diventa molto difficile stabilire che sia avvenuta realmente una verifica all’interno di un’abitazione privata.

Inoltre è chiaro che l’anziano o il datore che richiede il Green pass si espone alla denuncia per lavoro nero della badant.

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