Fare il saluto romano è reato non lieve, la Cassazione conferma la condanna

Un avvocato milanese che durante un consiglio comunale aveva alzato il braccio facendo il saluto fascista è stato condannato e la Cassazione ha mantenuto la decisione

Fare il saluto romano è un reato e poco importa se il gesto sia o meno accompagnato anche da un comportamento violento o irrispettoso verso le istituzioni.

La conferma è arrivata nelle ultime ore anche dalla Cassazione, chiamata a giudicare la correttezza della condanna ad un mese e dieci giorni di reclusione (con pena sospesa) per l’avvocato milanese Gabriele Leccisi.

Nel maggio del 2013 Leccisi, dichiaratamente missino anche per lunga tradizione di famiglia, durante una seduta del consiglio comunale di Milano aperta al pubblico aveva fatto il saluto romano davanti a tutti.

Si discuteva la possibile sistemazione alternativa per i nomadi sgomberati solo qualche giorno prima dal campo milanese di Viale Ungheria e più in generale sul “piano Rom”.

L’avvocato in quella occasione aveva anche urlato “Presenti e ne siamo fieri” e da lì era scattata la denuncia.

Il legale dell’uomo aveva chiesto la non punibilità, puntando sul fatto che il tema in discussione quel giorno era particolarmente caldo, ma i giudici della Cassazione nella loro sentenza evidenziano come proprio perché fatto in quella occasione e in un’assemblea pubblica si tratta di un gesto grave e quindi non possono essere applicate attenuanti.

E a nulla sono valse le spiegazioni dell’imputato che si era difeso dicendo di avere voluto in realtà con quel braccio alzato segnalare all’assessore competente di essere presente in aula e di volerlo salutare.

Una giustificazione poco convincente per la Cassazione che ha deciso di non applicare l’articolo 131-bis del Codice penale, cioé l’impunibilità quando si tratti di un fatti particolarmente lieve.

Non così per gli ‘ermellini’, perché il saluto romano e quella parola “presente” urlata davanti a tutti vanno contro la legge.

Infatti evocano il partito fascista, ormai disciolto, e sono quindi contrari ai valori democratici e al nostro ordinamento.

In più il braccio destro alzato è tipico di organizzazioni oche portano avanti idee basate sulla superiorità e sull’odio razziale.

Tutto questo sarebbe già sufficiente per confermare la condanna. Ancora di più perché quel gesto è stato fatto durante un appuntamento istituzionale come un consiglio comunale, con un tema delicato come quello dell’integrazione.

E non so trattava nemmeno, secondo la Cassazione, della risposta ad una provocazione perché non è stato dimostrato nessun comportamento ingiusto subito dal condannato.

Inneggiare al fascismo è vietato dalla legge Mancino, in vigore dal 1975, che proibisce espressamente la diffusione delle idee fondate sull’odio etnico.

Quindi un conto è manifestare liberamente il proprio pensiero e un altro istigare al razzismo che non può essere considerato solo l’espressione di una opinione personale.

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