Sarah Scazzi, depositate le 1277 pagine di motivazioni della sentenza

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A tredici mesi dalla sentenza d’appello, la corte di Taranto ha depositato le motivazioni delle condanne, a cominciare da quelle di Cosima Serrano e Sabrina Misseri

A tredici mesi dalla sentenza, finalmente la sezione distaccata di Taranto della Corte d’Assise d’appello di Lecce ha depositato le motivazioni del verdetto di secondo grado nel processo per l’omicidio di Sarah Scazzi.

Il 24 luglio del 2015 a quasi cinque anni dal delitto della 15enne di Avetrana la corte presieduta dal giudice Patrizia Sinisi aveva condanna all’ergastolo per Cosima Serrano, la zia della ragazza, e per sua figlia Sabrina Misseri che erano accusate di omicidio volontario e sequestro di persona.

Ora in 1277 pagine vengono spiegati i motivi della sentenza e tutte le altre condanne che sono state comminate in appello, a cominciare dagli 8 anni a Michele Misseri, marito e padre di Cosima e Sabrino oltre che zio di Sarah Scazzi, per soppressione di cadavere, lo stesso reato per cui Carmine Misseri (fratello di Michele) è stato condannato a 5 anni e 11 mesi di carcere mentre i giudici hanno assolto perché il fatto non sussiste Antonio Colazzo e Cosima Prudenzano, invece in prima istanza erano stati condannati ad un anno di reclusione per favoreggiamento personale. E ancora, confermata la condanna ad un anno e quattro mesi per Giuseppe Nigro, imputato sempre per favoreggiamento personale.

sabrina misseri
sabrina misseri

Sulla sentenza però rischia di pesare come un macigno il ritardo nel deposito delle motivazioni per il quale l’ispettorato generale del ministero della Giustizia ha già chiesto informazioni al presidente della corte d’Appello di Taranto.

Un rallentamento che potrebbe portare alla scarcerazione di Sabrina Misseri per decorrenza del termine massimo di custodia cautelare preventiva.

Un termine che, in assenza di sentenza definitiva, dovrebbe scadere il 15 ottobre prossimo ossia sei anni dopo l’arresto dell’imputata che quindi potrebbe attendere a piede libero la decisione definitiva della Cassazione.

Toccherà ai giudici d’appello decidere perché rimane possibile ai sei anni già trascorsi aggiungere il periodo di altri tredici mesi maturati a causa dell’interruzione dei termini di custodia cautelare disposta in occasione della sentenza di primo grado e nel processo d’appello.

Come spiega l’avvocato Nicola Marseglia, difensore di Sabrina Misseri, “da un lato si tende a ritenere, in mancanza di una sentenza definitiva, il termine di sei anni assoluto e non suscettibile di proroghe. Ma dall’altro la stessa legge autorizza il giudice a sospendere i termini di custodia per la complessità del dibattimento”.

Nel giro di poche settimane comunque ne sapremo di più.