passaporto italiano

Lavoratori in sciopero per il contratto, negata la cittadinanza

Ad un cittadino pakistano che a febbraio 2016 aveva fatto picchetti davanti alla sua azienda per essere stato licenziato ingiustamente ora è stata negata la cittadinanza italiana

Aver partecipato ad un picchetto per salvare il proprio posto di lavoro può costare la mancata concessione della cittadinanza italiana ? È l’amara scoperta fatta da un lavoratore pakistano che fino al febbraio 2016 faceva il magazziniere in una ditta della provincia di Vicenza, la Prix.

A gennaio i vertici dell’azienda avevano revocato senza preavviso l’appalto con la cooperativa che garantiva il servizio e una settantina di lavoratori si trovò improvvisamente senza lavoro. La loro forma di protesta fu quella di organizzare picchetti davanti ai cancelli, tanto che due mesi dopo si trovò un accordo per la riassunzione di una parte di loro mentre per gli altri ci fu un incentivo all’esodo anticipato.

Il lavoratore a cui è stata negata la cittadinanza, ai primi di febbraio era tra i presenti quando la polizia caricò usando i lacrimogeni i lavoratori e le lavoratrici in lotta che facevano picchetto davanti ai cancelli della Prix e quindi risulta indagato.

La sua partecipazione alla vertenza rischia quindi di compromettere il suo futuro in Italia, come hanno specificato espressamente motivando il diniego alla concessione di cittadinanza sia la Prefettura che la Questura di Vicenza hanno espresso parere negativo alla concessione della cittadinanza. Si tratta quindi di un’inaccettabile .

Nelle ultime ore i Cobas hanno organizzato un incontro in Prefettura per ribadire con forza che non può essere negata la cittadinanza a chi in questi anni si è dato da fare sul lavoro e ha cerato di preservare il suo futuro.

I sindacati ribadiscono che molti dei lavoratori coinvolti nella vertenza Prix hanno anche presentato domanda di cittadinanza italiana e non possono essere tagliati fuori per rivendicazioni che erano giuste. Ora comunque secondo i sindacati toccherà alla Prefettura e alla Questura ripensare alla loro decisione e non penalizzare anche gli altri lavoratori che hanno richiesto allo stesso modo la cittadinanza.

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