Chi è Josephine, scampata per miracolo alla morte in mare

0

La storia, ci viene raccontata dalla Giornalista Internazionale Annalisa Camilli, imbarcata anch’essa sulla nave Open Arms, appartenente ad una ONG Spagnola, navi, che come ben sappiamo cercano di salvare più vite umane possibili, delle persone che, per svariati motivi, scappano dai loro Paesi di origine.

Salva per miracolo: il racconto della giornalista Annalisa Camilli

La giornalista, ha raccolto la testimonianza di una giovane donna, una quarantenne Camerunense, di nome Josepha, che ha raccontato la sua avventura disavventura.

Tutto ha inizio in Camerun, dove la donna viveva con suo marito, il quale scoprendo che lei non poteva generare figli, ha iniziato a picchiarla e maltrattarla sempre più di frequente.

Stanca di subire queste angherie, Josephine, si è unita ad uno dei tanti gruppi che attraversano il deserto, per scampare alla vita grama loro riservata e dopo giorni o forse mesi di cammino, la donna ed i suoi compagni sono arrivati in Libia, il luogo esatto non lo ricorda.

Stipata come una sardina, su un barcone, Josepha ha iniziato il viaggio in mare verso l’agognata libertà, fatto sta che dopo giorni di navigazione, la barca ha iniziato ad imbarcare acqua per poi rapidamente affondare.

La nostra protagonista, per sua fortuna, ha trovato, assieme ad un’altra donna con il suo bambino, un grosso pezzo di legno al quale aggrapparsi per non affogare.

Sono passati due giorni senza cibo e, ancor peggio, senz’acqua, quando i volontari della Open Arms, il video postato ha fatto il giro del mondo, le hanno viste ed hanno proceduto al recupero e soccorso.

Per la donna con il suo bambino, purtroppo, non c’era più nulla da fare mentre Josepha è stata portata sulla nave dalla ONG.

Visitata, oltre al grave stato di ipotermia, le sono stati trovati lividi e percosse. La Dottoressa che la ha visitata ha dichiarato che se si fosse tardato anche la donna sarebbe morta.

Parole di fuoco verso i Libici ed il Governo Italiano sono arrivate dal Presidente della ONG, Oscar Camps.

Lascia un commento