Agricoltura “salva” grazie ai migranti. Ma con il decreto flussi di Salvini i posti sono pochi

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Ci rubano il lavoro“, è questa una delle frasi maggiormente ascoltate da coloro che si oppongono fermamente all’immigrazione e sposano la “tolleranza zero” imposta dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, anche tramite i decreti sicurezza varati dal Parlamento.

La realtà ci dice invece che i migranti svolgono quei lavori che gli italiani fanno sempre di meno, principalmente quelli agricoli.

Se nell’Unione Europea, prendendo in esame il periodo che va dal 2011 al 2017, la quota di migranti impegnata in agricoltura è cresciuta dal 4,3% al 6,5% del totale delle persone che lavorano nel settore, in alcuni Paesi si riscontra una percentuale di lavoratori stranieri 8 volte più alta rispetto alla media europea.

Tra questi c’è la Spagna, la Danimarca e anche l’Italia.

Specialmente nel territorio italiano, un migrante su 5 (il 20%, ndr) lavora nel settore agricolo, specialmente nella produzione di frutta e ortaggi.

I dati mostrano come in Italia i migranti siano maggiormente presenti nelle aree rurali, proprio perchè più “ricche” di campi da coltivare.

Questa presenza offre naturalmente delle opportunità significative, come il contrasto allo spopolamento, ma al tempo stesso presenta delle criticità (isolamento e scarso accesso ai servizi, tanto per dirne alcune).

Questi dati evidenziano una volta di più, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che i migranti sono indispensabili per far sì che un settore cruciale come quello dell’agricoltura possa sorreggersi.

Tuttavia, il decreto flussi del 2019 presenta delle quote di ingresso per i lavoratori extracomunitari che stanno facendo preoccupare molto coloro che lavorano e investono in questo settore.

Su un totale italiano di 18mila ingressi consentiti, alla provincia di Venezia ne sono stati assegnati 20 per lavoratori extracomunitari stagionali, che possono essere impiegati in qualsiasi settore”.

E’ l’allarme lanciato sul quotidiano “Il Manifesto” da Paolo Quaggio, presidente di CIA Venezia, che pone l’accento sulla situazione nella Regione Veneto.

“Venti persone per bar, ristoranti, alberghi, spiagge. E le imprese agricole, che sono anch’esse fortemente condizionate dalla stagionalità? Siamo in fase di semina di colture e raccolta di altre.

Tra poche settimane comincerà la vendemmia – aggiunge Quaggio – Con sempre meno posti stagionali regolari, rischiamo di aprire le porte allo sfruttamento e al caporalato”.

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